Auto-Storia: i modelli più significativi

Lancia Stratos, l’astronave orgoglio Made in Italy

Negli anni 70 era la regina dei rally, poi l'oblio, oggi è uno splendido restomod per pochi fortunati

Stanchi delle macchine ibbride cioè figlie di un incrocio tra un mulo e un’asina? Se volete distinguervi e avete quattro lire da parte potete prendere una Toyota GR. Oppure, se avete più di quattro lire e siete pure patriottici, potete prendervi una Lancia Stratos. Cioè, potevate. Non occorre la De Lorean di Ritorno al futuro per andare agli anni Settanta e comprare una Stratos da uno di quei concessionari allora obbligati a sobbarcarsene almeno una sperando di venderla. Sarebbe uno splendido ritorno al futuro, ma potete continuare a fare un sogno meno impossibile e fingere di essere intimi di quel Michael Stoschek, pilota, imprenditore e facoltoso collezionista, che nel 2008 decide di realizzare il suo di sogno, cioè far sorgere a nuova vita la regina dei rally degli anni Settanta.

MAT e la pazza idea di far rinascere la Stratos

New Stratos at Geneva International Motor Show 2019, Le Grand-Saconnex – Matti Blume via Wikimedia Commons

Detto fatto, se hai soldi e conoscenze puoi quasi tutto. Dopo il giro delle sette chiese Stoschek chiede a Pininfarina di fargliene una, ma proprio una di numero e nel 2010 ecco la Nuova Stratos su base Ferrari 430 Scuderia: la riconosci subito, è proprio una Stratos con il lifting, un restomod pronto per la produzione in serie (limitata), ma Ferrari dice nein. Un vero imprenditore tuttavia non molla e quindi Michael Stoschek si guarda intorno e trova altri pronti a fare l’impresa: senza andare troppo lontano, trova l’ingegner Paolo Garella, già Pininfarina e la sua MAT – Manifattura Automobili Torino, fondata nel 2014. Che nel 2016 chiede al tedesco di tornare sui suoi passi: ri-detto ri-fatto, nel settembre 2020 viene presentata la Nuova Lancia Stratos al Salon Privé Concours d’Elégance a Woodstock, nella perfida Albione, nella tenuta Blenheim nell’Oxfordshire (praticamente vi sto dando le coordinate di Google Maps), con motore V8 da 4.3 litri, 25 esemplari e immagino che siano andati via tutti (in verità ne hanno aggiunti altri 6 con allestimenti differenti, tipo anche la guida a destra). Zero azzardi stilistici, la Nuova Stratos ricorda in tutto e per tutto quella vera, stesso muso a cuneo, stesso spoiler posteriore a coda d’anatra, stesso parabrezza a semicerchio, cambio manuale e motore V8 delle origini…

Il motore V8 delle origini, appunto: centrale posteriore disposto trasversalmente su una vettura disegnate per i rally e prodotta in 500 esemplari per ottenere l’omologazione (qualcuno dice di più ma è una disputa sul sesso degli angeli).

Torino 1970, la Stratos è davvero Stratosferica

Dustin May via Flickr

Un passo indietro: come dream car la Stratos viene alla luce nell’ottobre 1970 al Salone di Torino con il prototipo  Bertone (il motore è quello di una Lancia Fulvia), progettato da Cesare Fiorio e Gianni Tonti e disegnato da Marcello Gandini, il papà fra le altre della Lamborghini Countach (e la sua firma si riconosce subito per il caratteristico muso a cuneo della Stratos). Il prototipo sembra arrivare da un altro pianeta, è stratosferico (da qui il nome Stratos), non ha porte, si entra accedendo dal parabrezza e sollevando lo sterzo, davanti ha 10 gruppi ottici tipo astronave di Incontri ravvicinati del terzo tipo (che però arriva 10 anni dopo), dietro le luci seguono il profilo della coda e per entrare in via Caraglio al reparto corse della Lancia la Stratos Zero, così chiamata allora, passa direttamente sotto la sbarra tanto è bassa.

L’ha voluta anche Michael Jackson

La Stratos Zero deve aver esercitato un fascino immutabile nel corso degli anni se è vero, come è vero, che perfino Michael Jackson l’ha voluta: nel film Moonwalker del 1988 la vediamo infatti comparire minacciosa nel buio della notte, uscire indenne da una salva di proiettili e fare un salto in lungo che neanche la De Lorean di Doc .

1971, ritocchi per una Stratos meno spaziale

Handolio, CC BY-SA 2.0 creativecommons.org via Wikimedia Commons

Ma Cesare Fiorio e Pier Ugo Gobbato, allora direttore generale Lancia, dicono che per metterla sul mercato è meglio farla sembrare un po’ meno spaziale: Bertone, cioè Gandini, la ridisegna quasi tutta, mantenendo però lo spirito originale, trazione posteriore, motore centrale e forma a cuneo, l’aerodinamica viene affidata a Giampaolo Dallara e Gianni Tonti. E’ l’autunno del 1971 e la Stratos HF (High Fidelity, cioè il reparto corse della Lancia inventato da Cesare Fiorio) viene presentata al Salone di Torino. Manca il motore, quello della Fulvia HF del prototipo avveniristico presentato l’anno prima non basta più: Piero Gobbato e Cesare Fiorio concordano sulla scelta del V6 da 2,4 litri della Ferrari e dopo un tira e molla con Maranello (compresa la “minaccia” di rivolgersi alla concorrenza, cioè Maserati), nel 1973 la Stratos è bell’e che pronta per diventare la macchina da rally più stupefacente di tutte.

La Stratos con livrea Marlboro…

Sandro Munari e il suo navigatore Mario Mannucci su Lancia Stratos HF (Gruppo 4) sponsorizzata Marlboro al Rally di Sanremo 1974, via Wiki (October 8-15, 1974). “Munari a spasso”. Autosprint (41)

“Piloti, che gente!” (cit)

Entra nella storia: tre Campionati Mondiali, tre Campionati Europei, una Coppa Mondiale FIA Piloti, tre Campionati italiani, un Campionato di Francia, cinque Rally di Sanremo, sei Tour de Corse, tre Tour de France, due Giri d’Italia e scusate se è poco, non avevamo detto che era nata per i rally? Quella della Stratos è una storia di uomini (Fiorio, Bertone, Gandini, Dallara) a naturalmente anche di piloti (per citare un libro di Enzo Ferrari, Piloti, che gente!) come Sandro Munari, vincitore del Mondiale Piloti (allora Coppa FIA) nel 1977 e a Sanremo con Mario Mannucci nel 1974 e a Montecarlo nel 1975. E poi Amilcare Ballestrieri e Silvio Maiga, Raffaele Pinto e Arnaldo Bernacchini (Rally di Sicilia nel 1975) e Tony Fassina vincitore a Sanremo nel 1979 con Mauro Mannini solo per citare gli italiani.

I non millennials non possono non ricordarla, rossa con la livrea Marlboro (la prima vittoria con Sandro Munari e Mario Mannucci al Tour de France 1973) e bianca rossa e verde con livrea Alitalia (dal 1975, forse una delle sponsorizzazioni più iconiche, quando la Lancia per la seconda volta si laurea con la Stratos Campione del Mondo, facendo tris l’anno dopo).

…e la Stratos con livrea Alitalia

Photo by Nicolas Peyrol on Unsplash

Formidabili quegli anni, per dirla con Mario Capanna, con il colpo di coda dello scorpione (anzi no, della bête à gagner, bestia da vincere); per la quarta volta la Stratos vince il Rally di Montecarlo e quello di Sanremo con Tony Fassina/Mauro Mannini, che si prendono pure il titolo italiano.

La Stratos stradale, questa sconosciuta

Lancia Stratos stradale, gordonplant, CC BY 2.0 creativecommons.org Wikimedia Commons

Quello della Stratos è un successo sportivo che però non diventa anche un successo borghese, nel senso che la gente normale non la compra, vuoi perché la Lancia non fa troppa pubblicità (sono le vittorie stesse a farlo), vuoi perché costa troppo rispetto alle zero comodità che offre. Pensare che invece oggi il restomod griffato MAT costa sulle 700mila banane.

Domanda: perché a rilanciare la Stratos ci è voluto un crucco e non il socio di maggioranza di Stellantis (leggi Exor, leggi Agnelli)?

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Emanuele Beluffi

Giornalista pubblicista, già responsabile di redazione presso Il Giornale OFF, spin off culturale del quotidiano il Giornale, editor di CulturaIdentità, conservatore presso Fondazione Sangregorio Giancarlo.

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