Auto-Storia: i modelli più significativi

Alfa 6, la bruttina stagionata tutta lusso e sostanza

Nasce nel 1979 ma il progetto è degli anni 60

L’Alfa 6 è una berlinona sportiva di lusso e negli anni fra il 1979 e il 1986 la guidano (anzi, la fanno guidare) i capi di Stato e il Papa, ma nasce vecchia e il perché é presto detto: entra in produzione nel 1979 ma il progetto risale agli anni 60. Sulla carta deve infatti uscire nel 1973 per occupare il segmento delle berlinone dei sciur Brambilla e fargli passar la voglia di comprare Mercedes, Audi e BMW (ma poi anche Lancia Gamma e perché no anche Maserati Quattroporte), ma è il 1973 appunto, cioè crisi petrolifera, austerità, guerra (ricorda qualcosa?) e domeniche a piedi, l’IRI proprietaria dell’Alfa non può permettersi il lusso di mettere in produzione una vettura che fa 7 km con 1 litro e quindi mette in stand by il progetto.

Se dici Alfa 6 dici Busso…

@AlfaRomeoAlfa6 via Fb

Lo riprendono in mano all’alba dei formidabili anni 80, il momento è buono ma forse si dimenticano di rivedere lo stile di un prodotto pensato 10 anni prima mentre il mondo ha continuato a girare: ecco allora questo macchinone con i rostri sul paraurti, gruppi ottici posteriori giganteschi, grossolane prese d’aria sui montanti posteriori e in generale una linea un po’ troppo pesante. Sembra un’Alfetta che ha preso il viagra, è lunga 4 metri e 76, larga 1 metro e 68 e alta 1 metro e 39, rispetto all’Alfetta il passo è più lungo di ben 9 cm, però, però…

Di Andrew Bone from Weymouth, England – Alfa-Romeo Alfa 6 2.0 (1984), CC BY 2.0 commons.wikimedia.org

questa bruttina stagionata è tutta sostanza: se dici Busso agli appassionati vengono i lucciconi e infatti il mitico V6 Busso compare la prima volta qui, 2492 cm³, sei carburatori monocorpo, 158 cv a 5600 giri/min, l’Alfa 6 ha il cambio manuale a cinque rapporti con la prima in basso a sinistra (oppure automatico a tre rapporti, come quello dell’Alfa 6 di Gino Bramieri) e un allestimento univoco con dotazione di serie completa, servosterzo, alzacristalli elettrici, chiusura centralizzata, retrovisori elettrici, plancia con inserti in finta radica e volante a tre razze. E’ la prima serie dell’Alfa 6, che dura fino al 1982 con 6.000 esemplari prodotti.

C’è anche il Turbodiesel ma…

@AlfaRomeoAlfa6

Nel 1983 l’upgrade estetico, via i fari anteriori circolari gemellati (rimpiazzati da due fari rettangolari singoli), frecce di colore bianco anziché arancione, una nuova griglia anteriore e via i rostri dai paraurti, plasticoni ai lati, assetto ribassato per alleggerire l’impressione di stazza, iniezione elettronica, cilindrata e cavalleria uguali a prima. Ma questo non basta, siamo a metà degli anni 80 e comanda un’altra estetica, inoltre il fisco italiano è assetato di soldi come l’Alfa 6 lo è di benzina: si inventano allora la 2.5i Quadrifoglio Oro (superlusso, aria conFEzionata e sedili elettrici) ma con l’iva al 36% non c’è storia, fanno allora un 2.0 V6 e addirittura un 2.5 Turbodiesel, ma se Alain Prost la guidasse direbbe la stessa cosa che avrebbe poi effettivamente detto della Ferrari in F1 negli anni 90: “è un camion”.

L’Alfa 6 ha quindi una storia commerciale limitata, che finisce nel 1987 sostituita dalla 164.

Una storia triste e una da ridere

Un aneddoto divertente e un aneddoto drammatico. Quello divertente: Alfa 6 prima serie colore bordeaux, la vediamo con Ornella Muti e Paolo Villaggio in un rocambolesco inseguimento in “Bonnie e Clyde all’italiana”, film di Steno del 1983. E sempre con Paolo Villaggio la rivediamo, colore blu scuro e guidata dall’indimenticato Gianni Agus, in “Fracchia la belva umana” del 1982.

L’aneddoto drammatico: 5 febbraio 1981, l’attore Gino Bramieri guida la sua Alfa 6 automatica appena presa, di fianco ha l’attrice Liana Trouché, stanno percorrendo la A 16 per raggiungere il Teatro Petruzzelli dove fra due giorni inizia lo spettacolo di Terzoli e Vaime “Felici e Contenti“, grandina, la macchina esce di strada e la Trouchè, senza cintura di sicurezza, viene sbalzata fuori e muore sul colpo. Bramieri dà la colpa al cambio automatico, vero o no la foto del rottame dimostra che lo sportello passeggero è letteralmente divelto ma la scocca ha tenuto e che la povera Trouché è morta per l’impatto al suolo essendo senza cinture di sicurezza.

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Emanuele Beluffi

Giornalista pubblicista, già responsabile di redazione presso Il Giornale OFF, spin off culturale del quotidiano il Giornale, editor di CulturaIdentità, conservatore presso Fondazione Sangregorio Giancarlo.
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