Auto-Storia: i modelli più significativi

A112 Abarth, la piccola canaglia dalle sette vite come i gatti

15 anni filati e 20 di corsa in tutte le categorie possibile e immaginabili

“State cercando un’automobile che esprima la vostra personalità? La vostra automobile deve quindi essere sportiva, scattante. Non può essere che una A112 Abarth“. Così il video promozionale Fiat a proposito di questo mostriciattolo che, fino alla terza serie, non ha nemmeno la quinta marcia ma è capace di bruciare ai semafori il Mercedes del cumenda. “Velocità, simpatia, divertimento”, continua la voce fuoricampo e non si può darle torto.

La Mini Cooper rischia di dare il colpo di grazia alla A112

La A112 Abarth nasce nell’estate 1971, quando Battisti la fa da padrone con Pensieri e parole e la Autobianchi A112 è alle prese già dal 1969 con l’inglese Mini prodotta in Italia da Innocenti: la Mini occupa buona parte dell’occupabile nel segmento piccole-per-i-giovani e con la Cooper MK3 sta per dare il colpo di grazia alla A112.

Da qui la controffensiva Autobianchi del 1971, con la A112 Abarth anti-Cooper, diciamo: infatti costa 40mila lire in meno dell’inglesina (1.325.000 contro 1.365.000), ma più delle cugine Fiat 128 Coupé e 128 Rally.

A112 Abarth, la piccola canaglia dalle sette vite come i gatti
Ph. A112 Abarth | Facebook

La Fiat chiama Carlo Abarth e intanto gli compra l’azienda

Per potenziare lo scatolino la Fiat chiama Carlo Abarth e intanto gli compra l’azienda nominandolo consulente nel reparto corse: l’ingegnere austro italico piazza sotto al cofano della A112 74 cavalli, aumenta la cilindrata da 903 a 982 cm³, modifica lo scarico, mette un carburatore doppio corpo e provvede a una serie di altri potenziamenti tecnici che fanno la gioia degli appassionati di motori ma che qui sarebbe troppo lungo stare a elencare.

Aggiungiamo solo che impone alla A112 Abarth il dress code con la livrea rosso corsa e il nero opaco al cofano, ai passaruota e ai sottoporta (stamane mi tallonava una vecchissima Fiat Punto degli anni 90 riverniciata male di rosso e con il cofano nero opaco ridipinto peggio. Corsi e ricorsi scanzonati), mentre all’interno piazza sedili anatomici in pelle umana (scherzo, finta pelle), strumentazione “da grandi” e volante a tre razze: uno spettacolo!

Ph. selbst, pubblico dominio

Livrea a parte, la A112 Abarth ne guadagna in potenza rispetto alle A112 per signorine: aumentano velocità e accelerazione e, sorprendentemente, i consumi diminuiscono, anche se i freni non sono proprio proprio all’altezza.

Poco male però: fa subito il botto, dà la paga alla Mini e vive per quasi 15 anni di fila attraverso varie evoluzioni. Sette, per la precisione, come le vite dei gatti, dal 1971 al 1985.

74 cavalli oggi ce li hanno i monopattini di Beppe Sala ma negli anni Settanta bastano per azzannare alle caviglie le rivali più grosse

Ph. Autobianchi A112 Abarth | Facebook

E intanto ha anche il tempo per godersi il campionato monomarca dedicato (il Trofeo A112, dal ’76 all’84) e, caso forse unico nella storia dell’universo, di vedersi sopravvivere a se stessa: se infatti l’impiego stradale cessa nel 1985, quello sportivo va avanti fino al 1990 in tutte le categorie possibili e immaginabili tranne le Formula, crescendo futuri campioni come Gianfranco Cunico e Paola De Martini fra gli altri e occupando un arco di tempo lungo 20 anni, il Ventennio da corsa della A112 Abarth.

Perché cattiva è cattiva: 74 cavalli oggi ce li hanno i monopattini di Beppe Sala ma negli anni Settanta bastano per azzannare alle caviglie le rivali più grosse.

Ne volete una? La A112 Abarth prima serie (1971) costa, ma le serie successive sono più accessibili. Se invece volete la A112 Abarth da corsa, allora auguri perché ce ne sono poche. E molto ricercata è la rarissima A112 Abarth settima serie: prodotta in 5200 esemplari in nove mesi nel 1984, presenta molti impreziosimenti estetici, dai faretti supplementari sul paraurti anteriore ai vetri fumé, con nuovi colori e il tettuccio apribile e tante altre chiccherie (fonte: passione112.it)

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Emanuele Beluffi

Giornalista pubblicista, già responsabile di redazione presso Il Giornale OFF, spin off culturale del quotidiano il Giornale, editor di CulturaIdentità, conservatore presso Fondazione Sangregorio Giancarlo.

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