No moto no Wankel, no Wankel no Mazda. Detta così sembra uno slogan e in effetti lo è, ma fino a un certo punto: il motore rotativo Wankel, una leggenda nel mondo delle 4 ruote, nasce con le moto da corsa degli anni Cinquanta e senza di lui non ci sarebbero state le Mazda RX-7 e la RX-8.
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Il nome del propulsore viene da Felix Wankel, il suo papà, che da progettista alla NSU Motorenwerke nel 1957 inventa il “suo” motore a combustione interna rotativo dove il pistone ruota intorno a un asse. E i giappo che c’entrano? Stessi anni suppergiù: il Ministero giapponese dell’Industria e del Commercio decide che il modo migliore per fronteggiare la concorrenza dei colossi americani ed europei è la razionalizzazione delle industrie automobilistiche, quindi grandi fusioni tra aziende, sai che novità. Ed è così che nasce la Toyo Kogyo Company, oggi Mazda. Ma se oggi esiste la Mazda il merito è anche di Kenichi Yamamoto, l’ingegnere che nel 1963 guida il team per lo sviluppo, guarda un po’, del motore Wankel per le macchine con gli occhi a mandorla. E infatti: al Motor Show di Tokyo del ’64 il gruppo di Hiroshima presenta la Cosmo Sport, riscuotendo un interesse e un successo tali che il succitato Yamamoto da capo del personale diventa alla fine Presidente MegaGalattico.
Ed è a lui che dobbiamo la RX-7. E qui torna il motore Wankel: il motore della RX-7 è infatti il birotore Wankel, grazie al quale la macchinina ottiene prestazioni di tutto rispetto ma anche la nomea di assetata. Il Wankel consuma assai, al punto che per rispettare le normative anti inquinamento subisce modifiche fino a costringere Mazda a fermarne la commercializzazione in Europa. E se questo era brutto brutto allora figuriamoci oggi con Giuseppe Sala che vuole trasformare Milangeles nel paese delle bici.
Mazda RX-7/Porsche 944, trova le differenze
Se guardate bene, la Mazda RX-7 vi ricorda qualcosa e quel qualcosa si chiama Porsche 944: fate il giochino, provate a sovrapporle. Niente di straordinario, se vuoi un Picasso ma non hai i soldi prendi un altro pittore che lo imita bene e costa meno. La RX-7 ha una vita lunga e un’evoluzione corta. A bomba: marzo 1978, prima serie. Settembre 1985, seconda generazione. Due anni dopo i giappo lanciano la versione cabrio e infine, dal 1991 e fino al 2002, fanno la RX-7 FD (terza serie), che cederà il posto alla RX-8 nel 2003. Di tutte, la più famosa e apprezzata è la RX-7 FD e il perché è presto detto, checché ne dicesse il futurista Marinetti l’automobile è femmina e se ha le curve giuste al posto giusto piace ai mascoli e anche alle fimmine e questo è esattamente il caso della RX-7 FD: linee morbide ma non fru fru, anzi belle muscolari; linea filante, spoiler dietro che piace tanto a grandi e piccini, baricentro basso, non un peso massimo (1250 Kg) e dimensioni contenute (4 metri e spiccioli in lunghezza, 1,760 in larghezza e un’altezza da terra di 135 mm). E poi: boccuccia larga per il raffreddamento del motore e bocchette ai lati e fari a scomparsa, quando ancora si potevano fare. Due posti ma non due posti secchi, è un 2+2 quindi dietro ci stanno due nani.
Mettete dei fiorellini nel vostro motore Wankel
E poi ovviamente il cuore, cioè il succitato motore: la RX-7 FD (quindi la terza serie) monta un Wankel 13B che le dà 239 cv in Europa (che in Giappone arrivano a 280), ma essendo un gran consumatore e quindi nemico delle normative UE che già negli anni 90 iniziano a rompere le balle, Mazda ne deve fermare la commercializzazione in Europa, ma nonostante ciò la RX-7 resta il modello col motore rotativo più di successo nella storia, dal 1978 anno della prima serie fino al 2002 quando esce di scena e passa il testimone (compreso il motore Wankel rivisto alla luce delle norme UE antinquinamento) alla RX-8, che resta in produzione col suddetto motore fino al 2009.
Guidare oggi una RX-7 è un segno di distinzione, forse anche più di una RX-8, che pure fa la sua porca figura: dire che non ne fanno più di macchine così è un luogocomunismo ma è vero, semplicemente perché una volta le macchine le sapevano disegnare (farle, sono bravi anche oggi). E’ una Jessica Rabbit, “io non sono cattiva è che mi disegnano così”. E dagli torto.
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