Clio Williams, la francese che ha fatto sbavare gli italiani

Dalla F1 atterra su strada coi razzi spaziali

Il suo Iperuranio, cioè quel mondo per aria dove circolano le idee che poi si trasformano in realtà, sono i circuiti di F1: è il 1993, c’è una scuderia che si chiama Williams e sta dominando il campionato mondiale.

Da lì atterra sulle strade di città una hot hatch con qualcosa che deriva da un propulsore per razzi prodotto dal centro spaziale francese Société Nationale Industrielle Aérospatiale e dalle tecniche costruttive sviluppate in F1, va a incrementare la potenza della sorellina 1.8 16 valvole, che sta già ottenendo di suo un grande successo di pubblico.

La sua nonna era la Renault 5 Turbo

Lei è la Clio Williams, che in tempi ignoranti chiamavi “bara su quattro ruote” perché se la faceva con certe ragazzacce tipo la Peugeot 205 1.9, qualche giapponese e la Golf GTI (e la Renault 5 Turbo magari, la sua nonna).

Montava un motore 2 litri 16 valvole e la versione stradale aveva 147 cavalli (le prime due serie), per una velocità massima di 215 Km/h e arrivava a 100 all’ora da 0 in 7,6 secondi.

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Guidavi una Clio Williams e quelli con la Clio 1.8 16v zitti

Dice, 150 cavalli ce li ha l’Alfa di mio zio: sì, ma quella pesava 981 Kg cioè un cazzo di niente e per le prime due serie l’ABS anche no, inoltre erano gli anni Novanta, quelli delle Toyota Celica e delle Honda NSX per intenderci, ma se guidavi una Clio Williams, con quel blu su cerchi oro si voltavano tutti e quelli con la Clio 1.8 nera zitti.

Il colore era solo quello: blu (informazione di servizio per i precisini: all’inizio si chiamava Blu Sport, Blu Galassia per gli ultimi esemplari, pare realizzati sulla scocca della Clio 1.8 visto che da un certo momento andava via come il pane), che si ripeteva sulla plancia e sul pomello del cambio, con il logo Williams sui sedili sportivi.

Piacque subito a tutti, soprattutto agli italiani

La Clio Williams piacque subito a tutti, soprattutto gli italiani, al punto che ne uscirono tre serie una dopo l’altra, nel 1993, nel 1994 e nel 1995 fino al 1996, quando finalmente alla Renault decisero di metterci anche l’ABS (e di aumentare la cavalleria a 150).

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La sportiva col pedigree

Ogni esemplare aveva un numero identificativo impresso su una targhetta dorata montata sulla plancia (fino alla seconda serie), un po’ come le edizioni dei libri di pregio.

Venne presentata nel marzo 1993 e all’inizio pensavano di fermarsi a 3800 esemplari: Renault voleva correre nei rally e ci voleva una cilindrata di 2 litri per l’omologazione nelle classi A e N, per questo si limitò a costruire 2500 auto stradali per qualificarsi, ai quali però ne aggiunse subito 1.300 ma alla fine ne fece molte di più: la domanda superava l’offerta e la Renault aumentò negli anni la produzione con le Clio Williams 2 (1994-95) e Clio Williams 3 (1995-96), facendola sopravvivere solo per il mercato italiano, dove ebbe avuto un enorme successo.

Non sembrava cattiva, però…

Il volto non era selvaggio né cattivo, anzi, conservava una certa eleganza, ma rispetto al resto della famigliola aveva dei passaruota allargati, un paraurti muscolare e la caratteristica bombatura sul cofano.

A fronte di una produzione si vasta scala, una Clio Williams oggi è piuttosto rara. All’epoca costava 30 milioni (di lire), ben sette in più della sorella 1.8.

Ne volete una? Le quotazioni sono alte e i bidoni pure, come Clio 1.8 spacciate per Clio Williams, senza contare gli esemplari ai quali è stato tirato il collo.

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