Un’auto tanto leggendaria non poteva che avere origini romanzesche. La leggenda narra che, alla metà degli anni ’30 un revisore di nome Pierre-Jules Boulanger, chiamato nel 1935 a raddrizzare i bilanci di Citroën dopo che nel 1934 aveva rischiato la bancarotta a seguito degli investimenti effettuati per la rivoluzionaria Traction Avant, terminata con successo la sua impresa si stava concedendo un periodo di meritata vacanza in Auvergne, regione della Francia famosa per la sua vocazione agricola.
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L’idea dietro alla 2CV
Gli ci volle poco per scoprire che, in Auvergne, quasi nessuno possedeva un auto; prese uno dei suoi famigerati quaderni, rigorosamente Moleskine neri, e scrisse le linee guida di una nuova auto, che doveva essere essenziale, semplice, affidabile, leggera ed economica (quasi all’estremo) per diventare così l’auto alla portata dei ceti meno abbienti, l’auto popolare per eccellenza: “voglio quattro ruote sotto ad un ombrello, capaci di trasportare una coppia di contadini, cinquanta chili di patate ed un paniere di uova attraverso un campo arato. Senza rompere un uovo”.
Nacque così, nel 1939, il prototipo della TPV (Trés Petite Voiture), l’auto che avrebbe dovuto sostituire la coppia di cavalli che ogni contadino usava per trasportare le sue cose. Ma poi … arrivò la guerra. Quando sei anni più tardi, al termine del conflitto, furono tirate le fila del progetto TPV, venne chiamato a dare forma alle idee Flaminio Bertoni; e lo stilista italiano si superò nuovamente, andando ben oltre alle idee stesse. Diede alla 2CV una delle sue principali caratteristiche, quella carica di simpatia che da lì in avanti ne caratterizzerà l’aspetto.
Caratteristiche della 2 CV
La 2CV del 1948 costa un po’ di più di una coppia di equini, ma infinitamente meno di qualsiasi altra autovettura, tant’è che i primi acquirenti sono i contadini dell’Auvergne, i curati di campagna, i veterinari, i maestri di scuola; e comunque, di contadini ne trasporta ben quattro, assieme alle loro uova e ai cinquanta chili di patate.
La sospensione, semplice e geniale, è incredibile e le uova possono felicemente attraversare i solchi del campo arato senza diventar frittata prima del tempo.
La prima caratteristica che salta all’occhio guardando la piccola Citroën 2CV è la forma dei finestrini anteriori, divisi a metà, orizzontalmente, in quanto inizialmente non ha indicatori di direzione (arrivati solo negli anni ‘60!) ed il conducente doveva sporgere ilbraccio per indicare la direzione, come un contadino dal suo carretto!
I sedili della 2CV entrarono in produzione con un normale telaio in tubolare d’acciaio, ma privi di imbottitura, seguendo il concetto dell’amaca, realizzata ancorando una striscia verticale di tessuto ai lati dell’armatura del sedile tramite… elastici in gomma: la morbidezza combinata di sedili e sospensioni era la garanzia di non rompere nessuna delle uova contenute nel proverbiale paniere che la vettura avrebbe dovuto trasportare attraverso un campo arato! Gli stessi sedili, così concepiti, si prestavano benissimo per essere utilizzati anche al di fuori dalla vettura, per un picnic, una gita domenicale od un “tete a tete” in campagna!
La capote, l’aneddoto sulla produzione
Un’altra caratteristica fu la grande capote in tela che partiva dalla sommità del parabrezza e arrivava sino al paraurti posteriore. Bertoni, quindi, l’italiano, così come veniva chiamato in Citroen, ancora una volta era artefice di una vettura incomparabile, storica e rivoluzionaria. E di quanto Bertoni amasse i suoi capolavori, pur con modi bruschi ed esigenti, ne abbiamo prova da un episodio che accadde nella fabbrica Citroën durante il montaggio dei primissimi esemplari di serie della Citroën 2CV.
Flaminio Bertoni aveva realizzato i disegni esecutivi della capote e della scocca della 2CV e aveva corretto parzialmente la parte finale di quest’ultima soltanto pochi giorni prima dell’avvio della produzione degli stampi, dimenticandosi sfortunatamente di correggere di conseguenza il disegno della capote! Fu così che, quando le prime 2CV pressoché complete arrivarono nella fase di montaggio della capote, gli operai si accorsero che capote e carrozzeria non si incastravano come previsto e la catena si fermò ancor prima di partire.
“L’Italiano” fu invitato ad esaminare il problema direttamente sulla catena di montaggio, dove un capannello tra tecnici e operai circondava la prima 2CV di serie. Bertoni studiò la faccenda, in prima persona provò e riprovò (alla fine la discrepanza era di pochi millimetri) senza successo, finché, in mezzo alle risatine degli operai e dei tecnici di produzione, venne fuori il suo carattere collerico e violento (che in Citroën ben conoscevano) e l’Italiano, imprecando nella sua lingua, sferrò una sonora pedata alla povera 2CV.
E lì avvenne il miracolo: con il colpo inferto, la capote scattò con decisione nella giusta posizione e sulla scena calò il più assoluto silenzio. Il disegno della capote fu prontamente modificato ma intanto, l’indomani, il reparto “metodi di produzione” aveva già preparato uno speciale stivale in gomma e cuoio, in dotazione all’operaio addetto al montaggio delle prime migliaia di capote sulle prime migliaia di 2CV. Ogni volta che una 2CV passava da quel preciso punto della catena di montaggio, l’operaio tirava un calcio in un punto ben preciso e la capote scivolava al suo giusto posto.