Coyote, la supercar di fantasia ispirata a un ferro vero

La Coyote di Hardcastle e McCormick somigliava molto alla McLaren M6GT con cui Bruce McLaren vinse nel '67

Chissà perché, ma il telefilm (allora si diceva così, oggi diremmo “serie tv” o qualcosa di giovanilisticamente simile) “Hardcastle and McCormick” non era tra i miei favoriti, forse perché preferivo il “Generale Lee” Dodge Charger di “Hazzard”, la Ferrari 308 GTS di “Magnum P.I.” e la Pontiac Firebird di “Supercar” alla rossa Coyote di Hardcastle e McCormick.

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Quella “rossa” che piaceva a grandi e piccini

La Coyote di Hardcastle e McCormick non esisteva per davvero,  era un mezzo di fantasia come lo avremmo potuto disegnare noi bambini-che-volevamo-già-esser-grandi-per-guidare, un veicolo anzi una supercar ispirata tuttavia a un ferro realmente esistente, la McLaren M6GT (ma con motore Porsche 914 e telaio di un VW Beetel, sì insomma il Maggiolino come per la Porsche 356 nella realtà).

Un’auto da corsa con la targa

Yannick Leclercq©, CC BY-SA 4.0 creativecommons.org, via Wikimedia Commons

Ma il giudice Hardcastle alias Brian Keith aveva un fisico un po’ troppo robustello per poter entrare e uscire dall’abitacolo con l’agilità di un felino e dunque la produzione della serie tv decise in corso d’opera di ricorrere alla base della mitica De Lorean di “Ritorno al futuro” con la famosa apertura porte ad ali di gabbiano per adeguarsi al phisique du role di Mr Hardcsatle.

Date delle ali di gabbiano al signor Hardcastle

[[File:McLaren M6GT.jpg|McLaren M6GT]]
Esternamente il risultato, a detta di chi scrive, era una macchina che sembrava un po’ agé già negli anni Ottanta, quando la serie tv veniva trasmessa in Italia per la gioia di grandi e piccini (ma in USA la prima serie la mandarono in onda nel ’78): del resto non poteva essere altrimenti, visto che la McLaren M6GT-Coyote di Hardcastle and McCormick derivava dalla McLaren M6A-Chevrolet che aveva vinto la Canadian-American Challenge Cup nel 1967 con Bruce McLaren al volante!

Quella volta al Can-Am con Bruce al volante

Di Nathan Bittinger from Rochester, NY, USA – 1968 McLaren M6b, CC BY 2.0, commons.wikimedia.org

Quello stesso Bruce McLaren che disse: “Win on Sunday, sell on Monday”, “Vinci di domenica, vendi il lunedì”. E infatti. Alla luce del successo agonistico sulla McLaren M6A, al pilota/ingegnere venne l’idea di produrne una stradale. All’inizio voleva rifare le scarpe a Porsche, Alfa Romeo e Ferrari e del resto ne aveva ben donde, visto che aveva vinto la 24 Ore di Le Mans nel ’66 (vedi la Ford GT40).

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Ma la FIA si mise di traverso obbligando lui e tutti gli altri a produrre almeno 50 modelli per l’omologazione e non riuscendo a coprirli tutti quanti Bruce McLaren mise una pietra sopra il progetto, accontentandosi di due esemplari stradali, il primo dei quali, targato OBH 500H, lo guidava lui in persona per andare al lavoro.

Alto 104 cm (non Bruce McLaren, la macchina), montava un motore Chevrolet LT1 da 370 cv, pesava 725 kg a secco, copriva lo 0 – 100 miglia (160 km/h) in meno di 8 secondi e arrivava a 265 km/h. Corse a parte, vent’anni prima di Gordon Murray con la la McLaren F1, Bruce McLaren aveva realizzato l’auto stradale più veloce che si fosse mai vista, la McLaren M6GT appunto.

Si fa presto a dire Gran Turismo

Ph. Eddy Clio via Flickr – flickr.com/photos/eddy_clio/

GT per modo di dire, visto che Gran Turismo lo era solo di nome, di fatto era un’auto da corsa con la targa, che visse finché visse il suo papà: dopo la sua tragica scomparsa il 2 giugno del 1970, la M6GT morì con lui (repliche a parte).

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