Una poltrona per due? Troppo stretta. Due poltrone per tre allora. Peggio che andar di notte, facciamone una a testa, una per il pilota e due per i passeggeri, ma davanti però, in fila per una col resto di zero, una di fianco all’altra. Non sarà andata così quel giorno la conversazione fra il direttore generale della Matra Jean-Luc Lagardère e Philippe Guédon della Simca/Chrysler, ma il risultato fu notevole lo stesso: una poltrona vista da Guédon in un negozio di mobili parigino fu il modello d’ispirazione per i comodi sedili avvolgenti della nuova sportiva per tutti, la Matra-Simca Bagheera. Non 2 posti secchi e nemmeno 2+2 nani, ma tre posti belli comodi affiancati. E non era la Fiat Multipla.
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Fuori GT, dentro aerospazio
Non fu solo questo l’elemento dirompente dell’auto “a tre posti”, così rivoluzionaria nella categoria delle piccole auto sportive. Le influenze aerospaziali della Matra (Mécanique Aviation TRAction, un impero che andava dall’aerospazio alle armi alle automobili all’editoria e tanto altro) si vedevano dalla particolare configurazione di quello che i fighetta chiamano cockpit, sì insomma l’abitacolo. E il volante tagliato sotto? Aveva fatto la sua apparizione proprio su quella piccola sportiva, peccato che oggi pochi se la ricordino.
Fu tutt’altro che una macchina sfigata, anzi la sua nascita venne graziata da una particolare configurazione astrale perché coincise con le vittorie sportive Matra, infatti la presentarono durante il lancio della 24 Ore di Le Mans 1972 tanto per darsi arie di grandezza: giustificatissime, perché bella era bella, comoda era comoda e per le prestazioni non rompessero troppo il cazzo, prendessero la Lamborghini Miura prendessero.
Sportiva ma non arrogante
Bagheera era già un nome che con quella doppia “e” evocava la velocità, ma senza cattiveria, infatti derivava dalla pantera nera del Libro della giungla di Kipling e in fin del conto la Matra Simca Bagheera non incuteva troppo timore, era sì bassa larga e piatta e senza paraurti anteriore (le sue veci praticamente le faceva la cornice a sviluppo orizzontale che racchiudeva i faretti supplementari sotto i fari a scomparsa), ma quelle tre poltroncine davanti facevano troppo chaise-longue, altro che Nürburgring.
Do you remember Miura?
Il suo prezzo di vendita era alla portata di tutti e per quella nuova vettura sportiva venne mantenuta l’architettura del motore centrale trasversale (come le concorrenti blasonate) e la sua disposizione fu la scelta migliore: vous souvenez-vous de la Lamborghini Miura? E allora eccola, “la piccola Miura” con la erre moscia e la baguette nel bauletto, dal nome più simpatico che aggressivo e che non dava fastidio ad altri animali tipo Miura, Pantera e Mangusta.
Il motore derivava dalla Simca 1100, aveva una cilindrata di 1294 cm³ che sviluppava 84 cv per una velocità massima di 180 km/h, prestazioni che aumentarono nel 1976 con la Bagheera S (due carburatori a doppio corpo, 90 cv e 190 km/h).
Nel 1977 (e fino al 1980) fu il turno della seconda generazione della Bagheera, c’era anche la Bagheera Courrèges (tutta bianca, anche dentro), che si distingueva esternamente per la presenza di paraurti più ampi e i finestrini allargati, mentre internamente cambiava il colore delle finiture (c’era anche la versione con il colore oro, probabilmente una cafonata).
1973-1980, sette anni come i gatti
Nel 1978 arrivò la Bagheera X, il top di gamma che sostituì subito subito la Courrèges, con la scritta “Bagheera” sui paraurti posteriori e altri interventi agli interni, mentre nel 1979 uscì una serie speciale chiamata “Jubilee” (tettuccio apribile, scritta “Jubilee” sul posteriore, nuovi colori), fino ad arrivare all’aprile 1980 (versioni a vernice bicolore, rossa e nera), quando l’ultima Bagheeria uscì dalla catena di montaggio. Sette anni come i gatti: dal luglio 1973, anno di nascita, ne vennero prodotti 47.796 esemplari.
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