Fidatevi di un’artista: quando la mia amica disegnatrice Emila Sirakova aveva visto una Honda Civic di ottava generazione (non è un’appassionata, semplicemente l’aveva vista per caso una sera dopo una mostra), mi disse che quella macchina era proprio bella: del resto, con quella forma a cuneo (do you remember Countach?) l’Honda Civic generazione otto rompeva gli schemi, secondo un’attitudine a cambiar le carte in tavole che i giappo avrebbero mantenuto con il restyling e accentuato con l’ultima generazione di questa hatchback con 50 anni di storia sul groppone (il primo modello è del 1972!): l’attuale Honda Civc, quella nata nel 2015, è infatti ignorante stock, la prendi già così tamarra.
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Honda Civic 2022-…., dentro liceo fuori museo
Ma a partire dal 2022, quando l’undicesima generazione arriverà anche in Italia, la “filosofia” stilistica sarà ben diversa. La nuova Honda Civic infatti sarà assai meno rockarolla: via le linee audaci e/o tamarre e largo alla sobrietà, senza però scontentare gli aficionados della sportività. Le agenzie parlano infatti di un’impostazione alla Type R, quindi rapporti corti (rigorosamente manuale), maggior rigidità torsionale e flessibile (si dirà così? boh), 1,5 litri e tanti cavallucci (200), con interni di impostazione sportiva. Forme sobrie, direi anche agé e meccanica al passo coi tempi: insomma, per mutuare il noto detto maschilista “dietro liceo davanti museo”, la Civic annata 2022 è “dentro liceo, fuori museo”. Non so voi, ma io continuo a esser d’accordo con quella mia amica artista. Una volta (cioè fino a una decina d’anni fa) a far le macchine erano più creativi.
Honda….su Honda ♫♫
Nasce nel 1972 su….l’onda 🤪 dell’exploit economico giapponese, contrassegnato dall’Expo di Osaka e i giochi invernali di Sapporo, praticamente la Milangeles di Beppe Sala: la meccanizzazione di massa prende il sopravvento (e allora non è più la Milangeles di Beppe Sala), qualcosa di molto simile al boom economico in Italia negli anni Sessanta (il Giappone, come l’Italia, è un Paese che ha perso la guerra). L’Honda Civic prima maniera, disegnata nel 70 e commercializzata a partire dal 1972 fino al 1979, è dunque un’utilitaria per l’uomo-massa, quando ancora questa espressione non ha l’accezione del conformismo e del consumismo (ma è il capitalismo baby): innovativa subito, trazione anteriore, due volumi e tre porte, compatta, agile, scattante (è del 1973 la prima Civic RS: ti fa sembrare un figo anche se hai la faccia da pirla, vedi foto), vince il Car of the Year Japan Award per 3 anni di fila dal 72 al 74.
E’ il 1979 e piccole Honda crescono: berlina e vagonata, arrivano le 5 porte, la Civic monta il motore con tecnologia CVCC-II che dev’essere una leggenda tipo il Busso qui da noi. Tre anni dopo, nel 1982, è l’ora del primo restyling: a me gli occhi, i gruppi ottici da circolari diventano quadrati e i paraurti diventano dei plasticoni, cosa che caratterizzerà un po’ tutto il mondo delle macchine per le classi sociali medie nei formidabili anni 80. Nel 1985 arriva puntuale come un orologio Casio la versione sportiva, contrassegnata da una S.
La chiamano Shuttle ma sembra un polmone
1983: less is more, quindi via le 5 porte e passo aumentato. Resta la versione berlina a 4 porte, mentre il modello vagonato diventa un monovolume e prende il nome di Shuttle, chissà forse come lo Space Shuttle.
Da quest’anno e fino al 1991 arriva la versione coupé della Civic, che prende il nome di CRX (per l’esattezza Honda Ballade Sports CR-X).
1987: niente di nuovo sul fronte orientale, solo cazzatine tipo l’introduzione delle sospensioni multilink per migliorare la tenuta di strada, il passo aumentato, il parabrezza più spiovente e il cofano motore ammorbidito nelle linee, poi nel 90 il paraurti.
1991, Boris Eltsin fa il colpo di stato in Russia, non c’entra assolutamente niente ma intanto la Honda Civic si rifà il look: linee generalmente più morbide e solite versioni hatchback, berlina e coupé ma nel 1993 arriva anche la roadster, chiamata poeticamente CRX del Sol: due posti secchi, il tetto va via e da coupé diventa targa. Bellissima.
1995, Le fanno bere l’acqua Vitasnella, linea filante, la Civic va via come il pane, è il modello che la casa madre vende più di tutti, la chiamano “miracle Civic” e un giovane Leonardo Di Caprio lo grida in uno spot:
2001, sette è un numero magico, gli Iron Maiden ci han fatto un disco anni prima e la Civic di settima generazione ha muso corto e resto alto, berlina due volumi a 3 e 5 porte, quest’ultima punta tutto sulla comodità e più che una berlina sembra un monovolume ma almeno è più aggraziato dello Shuttle.
Ma c’è anche la Type R Sport 2 litri da 200 cv
Honda Civic Type R 2006, cosa significa saper disegnare
2006, cambia il mondo, è il turno delle linee audaci, è l’Honda che qualche anno dopo conquisterà la mia amica artista di cui sopra. La Civic numero 8 sportiveggia dentro e fuori, ma è il fuori che balza all’occhio ,l’ha disegnata Toshiyuki Okumoto, bisogna dirlo. Si vede che l’ha disegnata uno con un forte senso estetico e qui la Type R diventa un’opera di design, non ci sono storie.
Ma la Type R generazione 10 è una roba inguardabile
2011, è l’ora del restyling ma squadra che vince non si cambia. O forse sì? Quattro anni dopo è il turno della decima generazione e qui ti danno una macchina già ignorante di suo, non devi fare niente, è tamarra stock. La versione Type R è una roba inguardabile, ma forse proprio per questo piacerà un sacco a quelli che montano gli alettoni aftermarket perché così pensano che la loro Fiat Punto vada più forte.