Moto e Wankel: le 10 moto a motore rotativo

Se sulle auto il Wankel è una rarità, sulle moto i tentativi si contano sulle dita delle mani

Ho un’età per cui ho potuto vedere più di una NSU RO80 circolare per le nostre strade. I più giovani hanno sicuramente il mito della Mazda RX7 e conoscono bene la più recente Rx8, l’auto a motore Wankel a maggiore diffusione. Parliamo di auto per l’appunto, ma per le moto è un’altra questione: dei tentativi fatti dalle case motociclistiche (li chiamerei esperimenti) rimangono solo una decina di modelli più o meno riusciti e per lo più di scarso successo commerciale, anche se una perla c’è e si trova al numero 9 della nostra gallery, la Norton F1, in grado di gareggiare e vincere al TT senior dell’ Isola di Man.

Le moto a motore Wankel

Hercules W-2000

1. La Hercules W-2000 fu la prima motocicletta a motore Wankel prodotta tra il 1974 e il 1977, aveva un rotore raffreddato ad aria progettato da Sachs per l’utilizzo su motoslitte. Produceva circa 30 CV a 6500 giri per una velocità massima di 140km/h. Dopo circa 1800 esemplari prodotti in 3 anni, nel 1977 il progetto fu rivenduto a Norton. La rivista Cycle World la definì così: “Meno prestazioni per più soldi eliminano questo rotary dal regno della praticità

Suzuki RE5

2. Nello stesso anno Suzuki presentava il modello Suzuki RE5 (la moto a motore rotativo più diffusa). Era equipaggiata da un solo rotore di 497 cc con una potenza di 62 CV a 6500 giri, aveva una linea classica, abbellita dal tocco personale del designer Giorgetto Giugiaro che aggiunse una particolare strumentazione a tema “rotativo”.

Van Veen OCR 1000

foto: Klaus Nahr on flikr

3. Tra il ’78 e l’81 la casa olandese Van Veen realizzò 38 esemplari della Van Veen OCR 1000. La moto montava un bi-rotore raffreddato ad aria di 1000 cc preso direttamente dalla Citröen GS Wankel e capace di 100 cv a 6500 giri. La produzione, già limitata da problemi con il costruttore del motore, terminò nell’81 anche a causa di recensioni non proprio entusiasmanti da parte della stampa dell’epoca.

Norton Interpol 2

foto: wikimedia.org

4. Norton fu la casa motociclistica a credere di più nel progetto Wankel. Già negli anni ’70 fece i primi esperimenti con rotori Sachs della Hercules montati su telai di derivazione BSA. La produzione di serie partì nel 1984 con la Interpol 2, un modello riservato alle forze di polizia.

Norton Classic

5. Costruita in soli 100 esemplari nel 1987, la Norton Classic P43 fu ideata dal progettista David Garside (considerato il padre delle Norton Wankel) che dopo essere stato impressionato dal motore Fitchel & Sachs utilizzato nella Hercules e montato su alcuni prototipi Norton equipaggiò la propria creazione con un bi-rotore da 588 c.c. che garantiva una potenza di 85 CV.

Norton Commander

foto: wikimedia.org

6. Nel 1988 Norton lanciò la Commander, una cruiser costruita in soli 280 esemplari con lo stesso bi-rotore da 588 c.c. della Classic e dell’Interpol 2. La potenza erogata era la medesima ma il raffreddamento a liquido garantiva maggior affidabilità, cosa che ne decretò il successo.

Yamaha RZ201

7. Anche le case giapponesi si cimentarono nell’utilizzo del motore rotativo anche se nessuno di questi modelli entrò mai in produzione. La Yamaha RZ201 era una twin-rotor 660 cc con 60 CV presentata al salone di Tokio nel 72, non venne aimai prodotta.

Kawasaki X99

foto: kawasaki.co.nz

8. La Kawasaki X99 era un prototipo rotary engine del 1974. Montava un bi-rotore raffreddato a liquido di 900 cc e 90 cavalli. Kawasaki e Yamaha dichiararono di aver risolto i problemi legati agli eccessivi consumi tipici di questo tipo di propulsori ma entrambi i loro prototipi non videro mai la luce. La crisi del petrolio incalzava e i progetti vennero messi in stand-by.

Norton F1

MikeSchinkel on Flickr.com

9. Norton F1 portò il rotativo ad un livello superiore. La moto, offerta con l’unica livrea disponibile nera e oro JPS, fu prodotta in un centinaio di esemplari. La Norton F1 era un’ottima base di partenza per competere nel campionato F1 inglese (che vinse nel 90). Il vero capolavoro arrivò però nel 1992 quando il pilota Hislop precedette Foggy di 4,4 secondi al traguardo del TT Senior su Norton F1 (RCW 588). La moto di serie vantava prestazioni eccezionali e 95 CV e, pur montando un evoluzione degli stessi bi-rotore della Classic e della Commander, riusciva a portare la moto a 245 Km/h grazie al cambio Yamaha FZR opportunamente calibrato. Nel 91 fu il momento di un cambio d’abito con la Norton F1 Sport: non molto diversa esteticamente ma con una carenatura che, finalmente, lasciava intravvedere il magnifico telaio Spondon i stile Deltabox. Per le Norton Wankel la storia  delle corse si concluse nel 1995, quando la standardizzazione dei regolamenti di gara precluse l’utilizzo di motori “non convenzionali”.

Norton F2

10. L’ultimo capitolo della serie è la Norton F2. Sfortunatamente l’F2, mostrata come prototipo nel 1992 e destinata ad essere il seguito della F1 ad un prezzo più accessibile, non ha mai raggiunto la produzione a causa dei gravi problemi finanziari della casa britannica che ne decretarono la chiusura.

 

Il motore Wankel, una storia incredibile…

Una piccola premessa: chi scrive è talmente affascinato dal motore Wankel e dal suo inventore tanto che nel 2000, durante un giro in moto con amici in Baviera, ha rischiato di proseguire il viaggio per conto suo per deviare verso Lindau, sul Lago di Costanza, per vedere di persona quel che rimaneva del Wankel Institut, un edificio ormai in disuso, dove Wankel stesso progettò il suo primo “rotary engine”.

Wankel era una persona incredibile. Appellato come “bovino” dal padre per i suoi problemi con lo studio della matematica, riuscì a brevettare decine di invenzioni traducendo in realtà le sue idee per mezzo della sola sperimentazione e della sua smisurata costanza. Sia l’edificio, progettato dallo stesso Wankel senza avere nozioni di architettura che il motore hanno le medesime forme arrotondate: un moto circolare senza spigoli vivi e scorrimenti e, sfortunatamente, entrambi presentano problemi di tenuta.

Tornando al motore senza scendere in particolari tecnici di funzionamento, l’idea del suo inventore era quella di eliminare il movimento retto dei pistoni facendoli ruotare sul proprio asse,  recuperando in questo modo l’energia dispersa dai pistoni stessi nel compiere il movimento rettilineo tipico dei motori a movimento alternativo. Come risaputo, un minor numero di parti in movimento in un motore ne determina maggior potenza, pur mantenendo il ciclo otto a quattro tempi su ognuna delle camere di scoppio.

I pro del motore Wankel

I pro sono molteplici: una maggior potenza a pari cilindrata rispetto ad un motore quattro tempi a scoppio alternato (quasi come un 2 tempi), il minor numero di elementi in movimento, la semplicità di produzione, minori vibrazioni e rumorosità, leggerezza e una manutenzione semplice da eseguire.

I contro del motore Wankel

Nonostante i pro, i contro non sono proprio trascurabili. Le prime NSU Spider ed RO80 arrivavano a percorrere con difficoltà 50 o 60000 Km a causa di problemi legati alle alte temperature di funzionamento e all’usura dovuta soprattutto alle difficoltà di lubrificazione di questo sistema.

Il motivo dell’insuccesso commerciale di questo tipo di motorizzazione è legato però ad altro: agli alti consumi in primis e all’alto tasso di inquinamento generato dai gas incombusti (su alcuni modelli si è pensato di aggiungere addirittura un post-bruciatore per contenere il problema). La tecnologia Wankel, nata per essere più economica di quella tradizionale, ha finito per raggiungere costi di gestione proibitivi, anche quelli delle polizze dato che le compagnie assicurative, avevndo difficoltà nel calcolare il reale volume dei rotori finivano per equiparare moto di piccola cilindrata a pericolose sportive da un litro e più.

Ad oggi praticamente tutti i progetti Wankel dedicati all’utilizzo su auto e moto sono stati abbandonati anche a causa delle norme anti inquinamento. Solo una casa in particolare, Mazda, crede fermamente in questo motore. Mazda fin dagli anni settanta ha fatto suo il concetto di motore rotativo (riuscendo a vincere a Le Mans nel 1991 con un prototipo 787B a 4 rotori pilotato tra gli altri da Johnny Herbert) e tutt’oggi dedica grandi risorse economiche in ricerca e sviluppo per mantenere viva questa tecnologia. Insomma, un marchio di fabbrica per Mazda per la quale il futuro dovrebbe essere sicuramente Wankel e ibrido.

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