Harley Davidson Motorcycle Company

Breve storia del marchio più longevo della storia motociclistica made in USA

Harley Davidson, il marchio più longevo della storia motociclistica made in USA, oltre ad essere un mito e una leggenda ha rappresentato e continua a rappresentare un vero e proprio stile di vita per generazioni di motociclisti di tutto il mondo.

Breve storia dell’Harley Davidson

Dalla fondazione alla grande guerra

Harley Davidson nasce all’inizio del secolo scorso, precisamente nel 1903 a Milwaukee, fondata dai ventenni William  Sylvester Harley e Arthur Davidson che già negli anni precedenti si erano cimentati nella creazione di biciclette a motore. Una storia da film, tanto che Discovery Channel gli ha dedicato la serie Harley and the Davidsons in tre puntate.

Quello della Harley fu un grande inizio, ricco di successi nelle corse e molto prolifico con soluzioni tecniche all’avanguardia per i tempi. La consacrazione arrivò nel 1917, durante la prima guerra mondiale, con la fornitura di 45000 esemplari in 5 modelli differenti per l’esercito degli Stati Uniti.

La crisi del 29, il periodo tra le due guerre

Tra le due guerre, nonostante un buon avvio dovuto anche all’inerzia data dalle forniture militari, la produzione andò diminuendo fino a raggiungere i suoi minimi dovuti alla crisi del 29. Il grande calo delle vendite portò l’Harley al ritiro dalle corse anche se proprio questo periodo vide la nascita del grande bicilindrico a V che caratterizzerà il marchio fino ai giorni nostri.

Così come per la prima guerra, Harley Davidson fu fornitrice di motociclette militari per l’esercito Americano anche nel secondo conflitto mondiale. La produzione tornò ai grandi numeri con la XA, rarissima Harley dotata di bicilindrico boxer ( una sorta di copia delle Bmw della Wermacht con bibilindrico boxer) e con la WLA 750 detta anche Liberator, della quale, alla fine del conflitto rimasero molti esemplari poi “civilizzati” e rivenduti anche in Italia (quella di Alberto Sordi in “Un americano a Roma”).

Il dopoguerra, la nascita della Sportster e il rischio bancarotta

Il dopoguerra vide alti e bassi con tentativi più o meno riusciti di diversificare la produzione (si tentò addirittura la costruzione di uno scooter) rischiando più volte la bancarotta per via della forte concorrenza data dai marchi inglesi che iniziarono a prendere piede negli USA.

La nascita della Sportster nel 1957 fu l’unica nota positiva di questi anni. Lo Sportster fu indiscutibilmente il modello maggiormente riuscito ed il più longevo. Ancora oggi in produzione, seppur modernizzato, mantiene le sue caratteristiche principali e la chiave del proprio successo: agilità, compattezza e linee essenziali.

Gli anni successivi furono segnati dall’ingresso prepotente dei marchi giapponesi sul mercato americano. Il brand, a rischio bancarotta, fu venduto alla AMF, industria metallurgica americana, che traghettò la Harley sino agli anni 80 dopo una parentesi di collaborazione con l’Italiana Aermacchi con il quale il marchio AMF HD riuscì ad ottenere gli unici successi iridati per la casa Statunitense.

La rinascita del marchio, dagli anni ’80 a oggi

Nel 1981 il marchio Harley, nuovamente in difficoltà, fu acquistato da un gruppo di investitori con a capo William G. Davidson. Il discendente dei fondatori permise la rinascita e il consolidamento del marchio. Il successo dell’operazione fu garantito dall’utilizzo di nuovi sistemi di gestione della produzione nonché dalla creazione di modelli ex-novo che proseguì sino alla fine degli anni ’90.

Gli anni 2000 videro l’introduzione di moderne soluzioni tecniche, la nascita del marchio Buel (poi chiuso), la collaborazione con Porsche per la progettazione del motore V-Rod e l’acquisizione della MV Agusta (rivenduta dopo solo due anni per la cifra simbolica di 1 Euro) sino alla creazione della prima Harley con motore elettrico costruita conservando la tradizione ciclistica e le linee consuete del marchio.

L’Harley Davidson nella cultura popolare, i clubs e i bikers

Ci sono marchi che rappresentano uno stile di vita e Harley Davidson è uno di questi. É il simbolo della moto da duri per eccellenza, indissolubilmente legata al mondo dei bikers, tra chi è un vero duro e chi si avvicina a questo marchio per essere considerato come tale.

Forse il marchio più iconico per una certa cultura popolare nata subito dopo la seconda guerra mondiale con le prime “bande di motociclisti”.

Gli Hell’s Angels

Sia chiaro, i club e i raduni di motociclisti esistevano già da prima della guerra ma fu un particolare episodio a dare il La alla nascita dei bikers, quelli delle “back patch” che ancor oggi nutrono un grande seguito in tutto il mondo. Alla fine della seconda guerra mondiale un gruppo di militari ed ex aviatori, non riuscendo a trovare pace e ritornare ad una vita “normale”, si riunì in vari gruppi motociclistici dediti ad un’esistenza dissoluta, al consumo smisurato di alcool e alla violenza, viaggiando e scatenando risse ovunque.

La Hell’s Angels Clubhouse di Oakland (Google Maps)

Il fatto scatenante

Nel 1947, durante un motoraduno a Hollister in California, un gruppo di bikers facinorosi, senza motivazione apparente, scatenò una serie di risse che solo l’intervento della polizia riuscì a placare.

L’informazione dette molto risalto a questo accaduto e l’AMA, associazione dei motociclisti americani, corse immediatamente ai ripari dichiarando che solo un 1% dei club di motociclisti era composto da malintenzionati e fuorilegge.

La nascita dei Onepercenters

In barba a queste dichiarazioni, molti membri dei club iniziarono da quel momento a farsi chiamare “onepercenters” e a esibire sui propri giubbotti in pelle una toppa con quell’1% inscritto in un rombo, in contrapposizione alle toppe dell’AMA, di forma libera e recanti lo stato di provenienza (da questo episodio fu tratto il film “Il selvaggio” con protagonisti Marlon Brando, in sella ad una Triumph e Lee Marvin, con una Harley Davidson).

Nascono gli Hell’s Angels

Nel 1948, durante un raduno a San Bernardino in California, l’ex capitano di B52 Irl Baldwin sancì la nascita degli Hell’s Angels, nome che ripresero da un film di Howard Hughes degli anni 30 che narrava la storia di uno squadrone di aviatori ambientato nella prima guerra mondiale. Il club fece molti proseliti e crebbe negli anni con l’affiliazione di vari gruppi da tutto il paese.

Sotto il nome di Hell’s Angels, Ralph “Sonny” Barger, fondatore della sede principale di Oakland, radunò in California i componenti della maggior parte dei  club “fuorilegge” americani dando vita ad una sorta di alleanza che sfociò, a lungo termine, in una vera e propria organizzazione che ancor oggi riunisce centinaia di bikers club “irregolari” da tutto il mondo, caratterizzati da una filosofia di vita comune basata sull’onore, la fratellanza, il rispetto e l’orgoglio di mostrare i simboli del proprio club.

Il chopper e il Kustom

La cultura Custom nasce con gli Hell’s Angels

Agli Hell’s Angels va riconosciuta l’invenzione del chopper e del Kustom in generale. Le Harley Davidson di serie venivano “svestite” togliendo tutto il “non necessario”, personalizzate con stupende aerografie, con la modifica del telaio e l’adattameno della posizione di guida ai lunghi viaggi con l’aggiunta di manubri alti e bitchbar (lo schienale).

Altamont Raceway Park

Gli “Angeli dell’inferno” sono spesso associati ad una serie di eventi che provocarono una forte indignazione dell’opinione pubblica in diverse occasioni.

Tra tutti il famoso omicidio accorso durante un concerto dei Rolling Stone presso l’Altamont Raceway Park nel 1969 dove agli stessi Hell’s Angels era stato affidato il servizio d’ordine. Il ritardo dei Rolling Stone causò grande agitazione tra il pubblico e disordini difficili da controllare. Un ragazzo di nome Meredith Parker si fece spazio tra il pubblico armato di pistola quando uno degli Hell’s Angels accortosi del pericolo gli si scaraventò contro uccidendolo con una coltellata (in seguito fu assolto per legittima difesa).

Controversie

L’uso di simboli della cultura Nazista come svastiche e croci uncinate, la propensione militarista e pro guerra del Vietnam, hanno fatto sì che gli Hell’s Angels venissero accomunati alla cultura di estrema destra.

In realtà i portavoce dell’organizzazione si sono sempre proclamati apolitici giustificando l’uso dei simboli nazisti, non come convinzione politica ma sfruttandoli come mezzo per scioccare, per evitare gli scocciatori di una certa cultura “benpensante” e “politically correct” allontanandoli preventivamente.

Vari rappresentanti del partito nazista americano interrogati in tal proposito hanno in effetti smentito l’appartenenza degl Hell’s Angels ai gruppi di estrema destra americani ammettendo di aver cercato più volte di assoldarli come corpo motociclistico di partito senza riuscirci per via delle divergenze politiche.

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